«Ho sperimentato a più livelli l’angoscia, il dolore dell’essere ai margini. C’era più di un motivo per rifiutarmi e umiliarmi, calpestata la fiducia in me stessa, prostrata in una condizione miserabile, per vivere con senso di impotenza della pietà altrui [...] Ho sperimentato tutte insieme le condizioni di donna, dalit e disabile» (Mehrol, 2021, 7). Con queste parole, la scrittrice hindi Sumitra Mehrol introduce la propria autobiografia Ṭūṭe paṅkhoṁ se parvāz tak (“fino al cielo con le ali spezzate”), guidando l'esperienza del lettore con un esplicito riferimento intersezionale. Se scrittrici dalit quali Baisantri (1999) e Thakbhaure (2011) e studiose quali Browarczyk (2013) e Brueck (2017) hanno affrontato il cosiddetto doppio fardello (hindi dohrā abhiśāp) dell'essere donna, in una realtà profondamente segnata dal patriarcato, e dalit, Ṭūṭe paṅkhoṁ se parvāz tak introduce un'ulteriore questione, spesso trascurata dalla letteratura hindi, ovvero la disabilità fisica. Colpita dalla poliomielite in tenera età, Mehrol ha sperimentato il dolore di essere emarginata e sminuita sia nella sfera pubblica, anche durante le interazioni con altre donne, sia in quella privata. Il presente articolo si propone di mettere in luce come l'autrice legga la propria vita in un’ottica intersezionale e come l'educazione e l'esperienza della scrittura possano giocare un ruolo cruciale nel superare le molteplici barriere poste dalla discriminazione e dall'invisibilità sociale.
Ṭūṭe paṅkhoṁ se parvāz tak: essere donna, dalit e con disabilità fisica in India
GHIRARDI VERONICA
2024-01-01
Abstract
«Ho sperimentato a più livelli l’angoscia, il dolore dell’essere ai margini. C’era più di un motivo per rifiutarmi e umiliarmi, calpestata la fiducia in me stessa, prostrata in una condizione miserabile, per vivere con senso di impotenza della pietà altrui [...] Ho sperimentato tutte insieme le condizioni di donna, dalit e disabile» (Mehrol, 2021, 7). Con queste parole, la scrittrice hindi Sumitra Mehrol introduce la propria autobiografia Ṭūṭe paṅkhoṁ se parvāz tak (“fino al cielo con le ali spezzate”), guidando l'esperienza del lettore con un esplicito riferimento intersezionale. Se scrittrici dalit quali Baisantri (1999) e Thakbhaure (2011) e studiose quali Browarczyk (2013) e Brueck (2017) hanno affrontato il cosiddetto doppio fardello (hindi dohrā abhiśāp) dell'essere donna, in una realtà profondamente segnata dal patriarcato, e dalit, Ṭūṭe paṅkhoṁ se parvāz tak introduce un'ulteriore questione, spesso trascurata dalla letteratura hindi, ovvero la disabilità fisica. Colpita dalla poliomielite in tenera età, Mehrol ha sperimentato il dolore di essere emarginata e sminuita sia nella sfera pubblica, anche durante le interazioni con altre donne, sia in quella privata. Il presente articolo si propone di mettere in luce come l'autrice legga la propria vita in un’ottica intersezionale e come l'educazione e l'esperienza della scrittura possano giocare un ruolo cruciale nel superare le molteplici barriere poste dalla discriminazione e dall'invisibilità sociale.File | Dimensione | Formato | |
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